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Animali domestici in condominio

  • Immagine del redattore: Luca Nali
    Luca Nali
  • 11 dic 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Cani, gatti e tanti altri sono animali da compagnia con cui condividere momenti quotidiani, tra le mura di casa.

Tanto belli, tanto carini e anche tanto amati ma molti si domandano, sono accettati in condominio?


La maggior parte dei condomini che non ha animali in casa, soprattutto per i cani, non gradisce la loro presenza nei condomini, nelle parti comuni, negli ascensori e soprattutto non sopporta sentirli abbaiare.

Ora vi spiego cosa dice la legge a riguardo

Una recente modifica del Codice civile dice che il regolamento condominiale non contrattuale non può vietare al condomino di tenere un animale domestico nel proprio appartamento.

In pratica, si riconosce che gli animali occupano ormai un posto di rilievo nelle famiglie e, in generale, nella vita delle persone che decidono di tenerli con sé, quindi anche nella propria casa.

Diverso sarebbe il caso in cui il divieto fosse previsto dal contratto di locazione dell’appartamento, perché, allora, avrebbe natura contrattuale e lo si considererebbe liberamente accettato dall’inquilino.




Chi possiede degli animali da compagnia deve però rispettare alcune regole basilari:


La presenza degli animali non deve creare disturbo, pericolo o altri problemi ai residenti o a chi viene in visita nel condominio.


Quindi:

• gli animali non possono essere lasciati liberi nelle aree comuni senza adottare le opportune cautele; ad esempio, i cani devono essere tenuti al guinzaglio e, se aggressivi, devono indossare la museruola;

• gli animali non possono essere lasciati soli in casa o sul balcone, se da questo derivano danni alla loro integrità psico-fisica oppure disturbo ai condomini; in questi casi, a carico del proprietario si possono configurare i reati di abbandono di animali o di disturbo della quiete pubblica, qualora siano superati i limiti della normale tollerabilità (vedi articolo del blog dedicato ai rumori in condominio).

• i proprietari devono garantire che i loro animali non disturbino la quiete e non compromettano l’igiene dei luoghi;

Un'altra domanda che ci viene posta molto frequentemente è se l'animale domestico può accedere alle parti comuni come l'ascensore.


Vi confermo che le norme del codice civile dicono che il pieno e libero uso e godimento delle parti comuni devono essere garantiti a ogni condomino, senza impedire agli altri di fare lo stesso.


In base a questo principio, l’animale può accedere agli spazi comuni (comprese le scale e l’ascensore) purché non crei problemi di igiene o sicurezza.

Rimane comunque valida la responsabilità civile, vigente a carico dei proprietari o dei detentori degli animali, in caso questi causino danni o lesioni a persone, altri animali o cose.



Un altro punto molto sensibile è Il fenomeno delle colonie feline e del randagismo in generale


Quando si parla di gatti randagi ci si riferisce spesso alle cosiddette colonie feline (bastano anche solo due gatti che vivono in un determinato e circoscritto territorio). La permanenza dei gatti nelle aree condominiali, siano esse cortili, garage o giardini è da considerare legittima, la legge prevede inoltre che il loro numero sia tenuto sotto controllo attraverso la sterilizzazione e che gli animali siano nutriti nel rispetto dell’igiene dei luoghi.

Chiunque si prenda cura dei suddetti animali, dovrà porre in essere tutti gli accorgimenti utili ad una rispettosa, salubre e pacifica convivenza. Dovranno utilizzare degli spazi appartati per il collocamento delle ciotole di acqua e di cibo e tali spazi dovranno essere sempre puliti.

Il comportamento arbitrario dei condomini (coloro che indebitamente rimuovano le ciotole dell’acqua, impediscano l’alimentazione, spaventino i gatti con atti mirati all’allontanamento o disturbo di essi), compiono un atto di maltrattamento nei confronti degli animali appartenenti alla colonia felina e potrebbe configurarsi il reato di maltrattamento di animali.

Per quanto concerne, invece, il fenomeno del randagismo nella sua concezione generale, un primo aspetto da sottolineare riguarda la responsabilità per fatti compiuti dagli animali e, in merito, la Corte di Cassazione ha ritenuto che colui che dà da mangiare a un randagio, anche se in maniera occasionale, ne diventa responsabile ed è tenuto a pagare i danni da lui cagionati.



 
 
 

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